top of page

"La gabbia" di Silvia Ziche


In #collaborazione con Feltrinelli Editore, oggi vi parlo di un fumetto pubblicato il mese scorso, un libro diverso da ciò che vedete solitamente su questo canale: "La gabbia" di Silvia Ziche per Feltrinelli Comics. Ringrazio la CE per la copia.


"La gabbia" di Silvia Ziche

  • Collana: Feltrinelli Comics

  • Numero di pagine: 144

  • Formato: Libro - Brossura con alette

  • ISBN: 9788807551222

  • Prezzo: € 17

  • ⭐⭐⭐⭐⭐

 
Mamma... Esci di qui. Questa è la mia testa. E tu sei morta.

Una storia come tante, quella della protagonista di questo fumetto Serena, una giovane donna che ha appena perso la madre, Letizia, ma che in quel momento più che mai la sente vicina. Serena soffre per la sua perdita al punto da parlare con la madre nella sua mente, immaginando intere conversazioni e risposte a tutte le sue domande.

Ma... ero piccola... e tu eri la mia luce. E su quella luce io sbattevo contro, come un moscerino su una lampada. Fino a farmi male.

Serena, nel suo viaggio mentale in compagnia di una madre scontrosa, depressa e distrutta psicologicamente, capisce molto sul fardello che si portano dietro le donne di generazione in generazione, sulle aspettative che hanno le figlie nei confronti delle madri, sul legame inesistente, sulla sofferenza e sull'infelicità, sul suo sentirsi inadeguata in ogni situazione e circostanza, al punto da non voler avere figli.

Per chi è infelice, la felicità altrui è intollerabile.

In un fumetto ironico e struggente allo stesso tempo, l'autrice ci racconta una parte intima e privata della propria vita che potrebbe rappresentare ogni donna nella relazione madre-figlia.

 

Ho letto questo fumetto in poco tempo, ma ho deciso di rileggerlo e riguardarlo una seconda volta. E' emozionante, nulla da dire, entusiasma e diverte in alcuni punti, commuove e fa pensare. Le vignette illustrate arricchiscono una storia intensa, profonda, autentica. E' una catena che ha radici antiche, quella che va di madre in figlia di ogni generazione, una catena fatta di aspettative, di malessere, di mancanze, senso del dovere e soprattutto di dolore.

I tuoi abissi li conosco. Li ho esplorati anch'io. Non è certo che la depressione sia ereditaria. Ma di sicuro è una modalità che si apprende. Il dolore non nasce dal nulla. E' una catena. Una catena che arriva da lontano. Che lega madri e figlie di tutte le generazioni, indietro fino alla notte dei tempi.

E il dolore non porta di certo lucidità, non porta né gioia né serenità, ma soltanto rabbia e odio, per sè e per il mondo circostante.

Non trovavo niente che fosse abbastanza evidente da catalizzare tutta la mia attenzione e il mio odio. Così ho finito per odiare ogni singolo pezzo di me, a rotazione. un giorno era il naso, un giorno i denti, poi gli occhi, i capelli, le orecchie, i fianchi. Fino a raggiungere la perfezione, da ragazza, odiandomi tutta intera.

Anni di terapia, una madre assente e, se presente, deleteria per la salute di una figlia che voleva soltanto essere compresa, coccolata, amata, salvata. Una madre che non riusciva a salvare neanche sè stessa, abbandonata alla sua vita e al suo dolore, che non era mai riuscita a occuparsi della figlia, che si sentiva inadeguata, spenta, rovinata e che sfogava la sua depressione proprio sulla bambina. In un confronto acceso e vivace, Serena parla a sua madre come mai prima, analizza i suoi comportamenti e quelli della defunta, condivide i suoi pensieri ma soprattutto i suoi sensi di colpa, alleggerendo un po' il carico che porta da anni. E' l'umorismo che salva una storia altrimenti parecchio triste e toccante. Ho riso più del dovuto, ad esempio, nell'ultima vignetta della pagina.

E, mentre Serena e la madre battibeccano su cosa non abbia funzionato nel loro rapporto, compare anche la non voluta e presunta figlia di Serena, quella di cui la protagonista si è privata per non tramandarle il carico d'odio e di dolore. Ma non è con questo che si interrompe la catena, né con i vittimismo o la trasmissione del dolore, ma è con l'assenza di odio, con il perdono, con il senso di colpa come monito, non come fossa. "a gabbia è una gabbia mentale, quella dei pensieri, ossessiva e distruttiva, quella che prende un'idea di persona e si concentra esclusivamente su quella, che non lascia scampo. Ma è anche una gabbia culturale, che rende una donna diventata genitrice esclusivamente "mamma" o "madre" e non più donna con una vita e delle esigenze che esulano dal volere dei figli e dall'affetto materno. Un fumetto da leggere, assorbire, capire, un altro grande lavoro di una delle più famose fumettiste italiane.

12 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti
bottom of page